L’IMPORTANZA DI DEFINIRE I NOSTRI CONFINI

I confini sono la distanza alla quale posso amare te e me contemporaneamente.”

P. Hemphill

Quante volte vi siete sentite dire: “Devi imparare a dire no”?

In una cultura patriarcale basata sulla performance, dove fare di più e farlo meglio è indicatore di successo, dire no e riconoscere che qualcosa è troppo spesso è una scelta impossibile da compiere. Per le donne questo è ancora più vero; a loro è richiesto di essere performanti sia al lavoro, che a casa, nelle relazioni, con il partner e con i figli. Quasi sempre le persone, per assolvere a questo compito disarmante, decidono di disconnettersi dalle emozioni e dal loro corpo; meno sentono e più possono “passarsi sopra” senza provare auto-compassione, meno compassione provano per sé stessi, più sono funzionali e asserviti al sistema. Dico persone perché in questo articolo parlo al femminile ma anche il maschile si può riconoscere in quanto scritto. 

Ogni giorno decidiamo deliberatamente di metterci pressione per compiere ciò che è oggettivamente impossibile da portare a termine e poi, quando falliamo, cominciamo a rifiutarci e biasimarci per non essere state all’altezza. Questo tende ad essere un gioco al massacro!

Quante volte ti sei svuotata interiormente per dare ciò che era tuo agli altri?

Quante volte ti sei sentita sopraffatta?

Quante volte ti sei sentita sotto pressione, eccessivamente stanca o sempre in modalità sopravvivenza?

I confini sono le regole che creiamo per noi stesse in termini di tempo, energia e risorse. Definiscono ciò che siamo disposte e in grado di fare e ciò che non possiamo o non dovremmo fare. I confini possono essere fisici, emotivi, psicologici e possono cambiare nel tempo”.

Luc Berkeley

Quando impariamo a decidere cosa possiamo e non possiamo fare o dare cominciamo a stare erette sul sentiero giusto per la nostra realizzazione e siamo più in grado di:

  • Non sprecare tempo per soddisfare altri mancando di nutrire noi stesse,
  • Portare a termine scadenze, compiti, studi, sogni a cui teniamo senza esaurirci,
  • Gestire tempo e risorse in modo funzionale ed efficace,
  • Riuscire a prendere decisioni importanti (e impopolari) per ridurre eccessivi impegni o carichi di lavoro,
  • Avere una migliore consapevolezza di chi siamo e rendere più veloce e pulita la strada dell’Anima,
  • Avere una migliore autostima,
  • Avere valori più chiari e sentirci più integre,
  • Non essere manipolate o sminuite,
  • Non darci in modo eccessivo o a chi non merita,
  • Ammalarci meno,
  • Essere più precise e meno “sprecone” con la nostra cura, il nostro amore e tempo. Se sappiamo chiaramente quello che vogliamo lo sapranno meglio anche gli altri!

È molto importante capire che se non riusciamo a portare a termine i nostri compiti nel tempo che oggi abbiamo è piuttosto inutile aggiungere altri compiti! Proprio come si fa pulizia nei nostri armadi ai cambi di stagione è importante selezionare le cose e gli obiettivi che vogliamo portare avanti nella vita, le persone con cui vogliamo stare, i corsi che decidiamo di frequentare, i libri che scegliamo di leggere, lo sforzo che vogliamo compiere, ecc… 

I momenti dell’anno migliori per fare questo bilancio sono: Imbolc (dal 31 gennaio al 2 febbraio), il Solstizio d’ estate (dal 20 al 22 giugno) e quello d’inverno (dal 20 al 22 dicembre), se volete potete farlo anche a fine anno, anche quello è un momento di bilanci.

Secondo la dottoressa Saudra Dalton Smith è molto facile pensarsi senza limiti a vent’anni ma è con il tempo, e con l’aggiunta di compiti e pesi, che possiamo confondere quello che dobbiamo fare con le nostre reali capacità e non sentire quando è troppo!

Per quanto mi riguarda la menopausa è stata un toccasana; uno spartiacque per farmi comprendere dove e in che modo dovevo dirigere le mie energie per farle lavorare al meglio. È stato come avere un laser che potevo direzionare in modo affilato e funzionale invece che a vanvera. Secondo Dalton-Smith (creatrice del metodo 7 Types of rest Framework™) uno dei punti fondamentali per raggiungere i nostri obiettivi è il riposo, non il fare nulla, ma il riposo:

  • Riposo fisico; inteso come non solo dormire la quantità giusta di ore ma eseguire esercizi per il rilassamento e la flessibilità e riposarsi senza colpa.
  • Riposo mentale; coltivare ciò che aiuta a rilassare la mente e il suo chiacchiericcio.
  • Riposo emotivo; saper accedere alla gioia, saper chiedere aiuto e conforto.
  • Riposo sociale; coltivare relazioni nutrienti in cui ci si sente viste e sostenute e anche leggere.
  • Riposo sensoriale; ripararsi periodicamente dal rumore del mondo.
  • Riposo creativo; permettersi di fare pause dove la nostra creatività possa allargarsi e prendere spazio.
  • Riposo spirituale; inserire una filosofia di vita che permetta di coltivare la parte spirituale in noi in ogni modo che ci piace e conosciamo (meditazione, preghiera, ritualità, natura, ecc…).
  • Io aggiungerei un punto otto: non cucinare, pulire, ecc… a pause alterne.

Dalton-Smith definisce il burnout come essere spesso stanche, non soddisfatte della vita e della carriera e spingersi per fare sempre al proprio massimo. La dottoressa afferma inoltre che, di questo passo, la depressione sarà la malattia del secolo, più dilagante dell’infarto!

Come fare a stare nei propri confini? Eseguire il lavoro interiore di comprendere i nostri NO.

Connettersi internamente, in meditazione o con i vostri metodi, e sentire quando per noi è no, è troppo o c’è troppo sforzo rispetto al ritorno. Quando avete fatto il lavoro interiore conservate la sensazione di confine chiaro per voi alcuni giorni senza farne parola. Una volta consolidato interiormente questo NO potete dire no anche a voce a chi vi chiede di più. Non serve giustificare il vostro no; Dalton-Smith sostiene, a ragione, che il NO è una frase compiuta e finita! Allo stesso modo non serve sperare nella fine del mondo per potersi togliere da quell’impegno a cui non si vuole andare. Allenate i vostri no e riposate in modo efficace!

Potete trovare molte info al riguardo sul sito della dottoressa o nei suoi Atlanta Ted Talk.

Buona lettura e buoni confini a tutti!

Donne e lavoro: alcune riflessioni.

Ci sarebbe tanto da dire su come le donne affrontano il mondo del lavoro e su come il mondo lavorativo accoglie le donne. Comincerò dicendo solo alcune delle cose che vorrei portare alla vostra attenzione.

  1. Situazione sociale– Secondo recenti studi l’Italia è il paese europeo dove la scalata sociale è praticamente impossibile. È quasi eroico oggi, in Italia, passare da una fascia sociale bassa ad una superiore, per le donne la situazione è ancora più grave. Sembra che le donne fatichino il doppio solo per la mera sopravvivenza; abbandono degli studi precoce, gravidanze precoci, lavori poco gratificanti e che occupano molte ore, poca imprenditorialità personale e stipendi ridotti a parità di competenze. Non è vero che “se vuoi puoi”, svegliamoci! È così anche per gli uomini, ma per le donne di più perché? Vedi punto 2.
  2. Motivi di genere– Esiste una regola esplicita secondo cui le donne sono balie naturali, quindi, naturalmente, tocca a loro occuparsi della parte emotiva, di cura e accudimento della famiglia (viene definito “secondo turno” la cura dei figli, degli animali, dei genitori, della scuola, della casa, della gestione delle relazioni amicali della coppia, anche di ricordare eventi o compleanni e fare i relativi regali). Molti uomini sono così abituati a questo stereotipo che spesso, quando eseguono lavori in casa, lo fanno appositamente in modo approssimativo in modo che poi la donna possa dire: “Lascia faccio io”. Questo stereotipo include il fatto che sembri normale che le donne debbano essere infelici e insoddisfatte nelle relazioni affettive e nel lavoro (potrei citare innumerevoli testi di canzoni a conferma).
  3. Motivi neurobiologici– Come già detto in precedenza sono formata Somatic Experiencing e conosco l’importanza che rivestono il nostro sistema vagale e la sensazione di sicurezza. Chi ha letto un minimo sulle 4F (fight, fly, freeze e fawn) sa che il nostro bisogno di sentirsi al sicuro e di sopravvivere prevarrà sempre sul nostro desiderio di prosperare e realizzarsi (prima i bisogni primari!). Davanti ad una minaccia il nostro corpo farà di tutto per proteggerci e, oggi, guadagnare poco o non abbastanza è una minaccia a tutti gli effetti! La nostra è una cultura che normalizza livelli tossici di produttività dove risulta dovuto essere sempre disponibili e reperibili, fare sempre di più, non essere mai abbastanza, non fare mai abbastanza fatica, lasciandoci con i nostri bisogni fondamentali di connessione e riposo sempre insoddisfatti. Quando, pur facendo, non riusciamo ad arrivare dove vorremmo ci sentiamo in un continuo stato di sopravvivenza dove l’autorealizzazione è precaria e non arriva mai. (Da un recente studio le donne single senza figli non subiscono questo stress; vivono più a lungo e hanno una vita migliore. Gli uomini single senza figli, al contrario, hanno una vita peggiore dei loro colleghi sposati con figli e hanno un maggior rischio di infarto). Mentre noi donne ci danniamo per rincorrere l’autorealizzazione (non vi dico la quantità di corsi venduti alle donne per capire “i nostri veri talenti”) i nostri bisogni fondamentali urlano e amplificano i nostri sentimenti di scarsità e carenza. Tutti ci chiedono di fare, essere e faticare di più sempre di più e non di meno. Anche quando ci avviciniamo alla nostra realizzazione siamo così stanche che nemmeno ce ne accorgiamo. Sapete che c’è un significativo aumento di tumori a polmoni e seno nelle donne giovani? Ci siamo chieste perché? In tutta questa rincorsa verso la realizzazione, con privazione e sforzo, ci dimentichiamo di noi stesse e ci abbandoniamo, ci rattristiamo, ci affatichiamo e poi entriamo in burn out! Non vi accorgete che la società ci impone una cultura d’urgenza e di pressione che trasforma ogni obiettivo in una minaccia; se ci diamo obiettivi che non raggiungiamo siamo perdenti? Questo non riguarda solo il lavoro ma l’aspetto fisico, il peso, la giovinezza, gli abiti che indossiamo, la salute, la crescita dei figli. Tutti ci spingono ad essere perfette e coprire ogni buco in modo eccellente. Il risultato è un continuo contatto con vergogna, colpa, inadeguatezza con una conseguente pressione sul nostro sistema nervoso senza precedenti che trasforma ogni obiettivo in uno Squidd Game in cui o si vince o si muore; siamo costantemente in sopravvivenza. Mi chiedo cosa accadrà quando l’IA sarà al suo massimo; quando ci verrà chiesto di competere con degli ologrammi che hanno fisici perfetti, parlano dieci lingue e sono sempre pronte a tutto! 

Come esseri umani, ancora prima che come donne, dobbiamo creare un mondo dove non sopravviviamo ma prosperiamo; dove i nostri bisogni sono riconosciuti (da noi prima di tutto), dove riposo e sicurezza sono importanti, dove la gioia è fondamentale e radicale, dove possiamo ottenere anche se non ci sbricioliamo dalla fatica e dall’impegno e dove si riceve anche se non si da fino ad esaurirsi. Dobbiamo comprendere che non possiamo avere tutto e stare bene; a volte dobbiamo rinunciare a qualcosa per realizzare i nostri sogni. È irreale essere business woman sempre attive, ottime madri presenti, perfette amanti e compagne e con corpi al top! Dobbiamo rifiutare messaggi che tra loro sono in contraddizione, non farci atterrire dal senso di inadeguatezza ma andare per la nostra strada; arrivare ad una realizzazione attraverso la gioia, la sicurezza, il riposo il piacere, il gioco. 

Cerchiamo di capire come essere naturalmente produttive; creare una vita in linea con i nostri valori e la nostra etica, lavorare con gioia e includere il lavoro tra le cose “da fare” per prenderci cura di noi. Per me, ad esempio, non sarebbe vita senza scrittura e lettura; non passa giorno che non scriva o non legga per me stessa, questo migliora anche il mio lavoro e la mia crescita ovviamente ma non lo considero affatto un “lavoro”, lo faccio per me, con gioia e pienezza! 

Non vi servono altri corsi o altri attestati che dimostrino quanto siete perfette, vi serve connettervi con quello che avete dentro e tirarlo fuori al meglio, prima di tutto per voi stesse.

Il mio inno di questo periodo? Messy di Lola Young. 

IMBOLC

Secondo l’antica ruota dell’anno il periodo del Solstizio d’Inverno (Yule) termina con l’arrivo di Imbolc (31 gennaio- 2 febbraio, Candelora per i cristiani).

È importante celebrare questa festività attraverso il rituale che potete trovare nel mio libro “Il potere della cerchia” edito OM edizioni, a cui vi rimando. In questo articolo voglio darvi alcune informazioni in più sui giorni di Imbolc; sul suo significato sia storico che psicologico.

Toni Wolff, prima paziente poi collega di C.G. Jung, nel suo lavoro “Structural forms of the feminine psyche” intuisce che la donna ha in sé quattro principali archetipi: la Madre, l’Amazzone, l’Amante e la Medial Woman. La sua idea innovativa fu presentata a Zurigo nel 1934 e meglio sviluppata nel 1948 eppure, in molti l’hanno accusata di aver copiato l’idea da un seminario di Jung del 1927.  La sua biografia dimostra, in modo molto efficace, che l’idea fu solamente sua e di nessun altro! Andrò più in dettaglio su questi archetipi nel prossimo articolo che pubblicherò a fine mese, ora lasciatemi spiegare come per me Toni si collega a Imbolc

Tra tutti gli archetipi la Medial Woman è quella parte di noi che “sa perché sa” e che, come dice Clarissa Pinkola Estès, è tra il giorno e la notte, tra ciò che si vede e il nascosto. L’intuito, la capacità di rinnovarsi, la capacità di essere unica e trina (e quadrupla anche) permette alla Medial Woman in ognuna di noi di poter parlare per la nostra anima, portare avanti i propri desideri del cuore, connettersi a sé stessa ma anche al mondo perché la principale caratteristica della Medial Woman è quella di essere del mondo (mondana) e dello spirito (mediale). Questa caratteristica unica è rappresentata da tutte le Dee dette della soglia ovvero le Dee che, anticamente, collegavano il regno dei morti a quello dei vivi; accompagnavano i morti nell’aldilà e, allo stesso modo, aiutavano i bambini a venire in questo mondo. Laima la bianca, Morrigan, Artemide, Diana e naturalmente l’irlandese Brigit

Nei giorni di Imbolc in Irlanda si festeggia, ancora oggi, la Dea Brigit la quale è considerata madre, levatrice, guaritrice e portatrice di fortuna e protezione. Il fiore a lei collegato è il tarassaco che si pensava facesse bene agli agnellini appena nati e li facesse crescere forti.

Nei giorni di Imbolc era usanza sfornare dolci e pane, costruire piccole croci in giunco o paglia (la croce di Brigit appunto) come simbolo del legame della Dea con i quattro elementi e con i quattro archetipi della donna. Si usava collegare a Brigit anche un ciottolo, una conchiglia, un fiore (che voi potrete mettere sul vostro altare in questi giorni).

Brigit, in veste di Dea della soglia, è protettrice dell’acqua (collegata a pozzi e fontane sacre e miracolose da ricondurre ad un successivo culto della Vergine Maria). Una usanza sempre irlandese è quella di lasciare lembi dei propri abiti o nastri oppure pezzi di grembiuli da lavoro in natura in dono a Brigit con la doppia funzione di ex voto alla Dea/Santa e anche con effetto apotropaico; lasciare un lembo di abito significa alleggerirsi dei pesi dell’anima e rinascere a nuovo.

Al mattino del 1° febbraio il pezzo di tessuto veniva riportato in casa, ritagliato in piccoli pezzi e suddiviso tra tutti gli abitanti come porta fortuna da conservare e portare con sé. La Santa veniva allora invocata per ben tre volte a protezione di casa e abitanti.

Si narra che la Dea Brigit fosse nata all’alba, sulla soglia tra regno dei vivi e dei defunti, alla sua venuta al mondo fu marchiata in fronte con un segno di fiamma rosso simbolo di vitalità, sangue che scorre nelle vene e forza creatrice. Mi chiedo che la Rowling abbia preso da qui l’ispirazione per la cicatrice di Harry Potter, chissà!

Simbolicamente i giorni di Imbolc sono una nostra nuova rinascita, una possibilità di rinnovarci ma anche di attingere alla benedizione e alla vitalità che Brigit porta nelle nostre case e ai nostri cari. È una celebrazione della nostra natura quadruplice, del contatto che noi donne abbiamo con la natura (rappresentata dai quattro elementi) e con le varie parti di noi.

Successivamente Brigida fu fatta santa o meglio la Dea Brigit è stata integrata nella Santa Brigida d’Irlanda che si festeggia il 1° febbraio appunto e che è la Santa più venerata in Irlanda insieme a S. Patrizio. La festività di Candelora (2 febbraio), che “stranamente” coincide con Imbolc, simboleggiava inizialmente la festa della “Purificazione della Vergine Maria” poi diventata la festa della presentazione di Gesù al tempio. 

Nella contea di Louth e di Kildare la Santa ha molti devoti ancora oggi e, guarda caso, sono le aree più dense di cerchi di pietre e tombe megalitiche. È in questa zona che potete vedere la famosa pietra di Brigit e la cattedrale dedicata alla Santa di Kildare.

Fonti: 

Il linguaggio della Dea di M. Gimbutas

The living Goddesses di M. Gimbutas

Toni Wolff’ structural forms of the feminine psyche di P. Vermeesch PhD

Pozzo di Santa Brigida in Irlanda, foto presa dal web.