Donne e dimagrimento: basta scusarsi!

“Cosa accadrebbe se tutti comprendessimo la vastità della nostra natura umana e, per questo, occupassimo il nostro spazio nel mondo senza scusarci continuamente?”

Sonya Renee Taylor

Perché le donne si muovono sempre come se “disturbassero” qualcuno con il loro peso, abito, atteggiamento, carriera, ecc.?

La risposta è stata magistralmente bene elaborata da donne incredibili che hanno seguito la storia di questo tema dal paleolitico ad oggi, alcuni dei libri che più mi sono piaciuti li ho segnalati alla fine dell’articolo in bibliografia. Proverò a riassumere quello che oggi, per me, è la base della comprensione di noi stesse.

La colpa dei media e dell’industria estetica:

Al primo posto metto lui, il sistema! Prima ancora che un problema di genere, quello della magrezza e della giovinezza è un tema economico di grande rilevanza. L’inadeguatezza del femminile, e oggi anche del maschile e delle comunità LGBTQ+, fa comodo all’industria estetica mondiale e al sistema consumistico.

  • Secondo “l’Atlante delle donne” di Joni Seager nel 2016 sono stati effettuati 17,1 milioni di interventi estetici, il 92% di questi su donne. L’85% dei chirurghi plastici invece è uomo. Nel mondo l’86% degli interventi estetici è svolto su donne, la Corea del Sud detiene il primato per interventi estetici per abitante.

Con questi numeri, che sono in crescita e non in calo, perché l’industria dell’estetica dovrebbe volerci far sentire adeguate e belle? Sarebbe come per una casa farmaceutica volerci tutti sani; entrambe sono scelte estremamente antieconomiche!

  • Farci sentire inadeguate e mai giuste ha un suo nutrito ritorno. Secondo alcune statistiche le maggiori aziende di cosmetica fatturano in totale per anno 210 miliardi di dollari, di cui 80 solo in USA.
  • Pur non avendo dati precisi il 57% delle donne e il 46% degli uomini in USA è perennemente in dieta e spende ben 33 miliardi di dollari in prodotti per il dimagrimento.
  • Guardando a casa nostra: 3 milioni di Italiani soffre di disturbi alimentari, il 96% di questi sono donne.
  • Secondo l’American Journal of Clinical Nutrition circa 70 milioni di persone al mondo soffrono di disturbi alimentari, con un aumento del 7,8 tra il 2000 e il 2018. Una persona ogni ora muore nel mondo per cause correlate ai disturbi alimentari. I disturbi alimentari hanno il più alto tasso di mortalità rispetto ad altri disturbi psichiatrici.

Questo per darvi l’idea di come la questione sia grave e sottostimata.

Naturalmente i disturbi alimentari non hanno solo effetti sulla nostra salute e sulla nostra identità, hanno gravi influenze su quanto spazio ci prendiamo nel mondo per brillare ed essere ciò che siamo veramente. Il nostro atteggiamento da “scusa” o da “sono troppo” ci fa muovere nel mondo da “ristrette”, modulandoci verso il basso e verso il meno. Cosa accadrebbe se ci prendessimo lo spazio che ci serve, che ci meritiamo, senza la paura di disturbare, essere eccessive, narcisiste, volgari, grasse, ecc..

Cosa accadrebbe se fossimo noi, senza restringerci?

L’eredità del patriarcato:

Da sempre le donne hanno saputo cacciare, procacciarsi cibo e sicurezza, sollevare pesi importanti e costruire, insomma fare anche lavori maschili. 

Poi è arrivato il ‘700, e poi l’’800 e con esso l’idea della donna trofeo, emaciata, magra, esile, dipendente ed incapace di sostentarsi sola. La donna trofeo era un perfetto status symbol per l’uomo medio borghese che poteva “permettersi” una donna non autonoma e “a carico”. Non è un mistero che quelli furono secoli orrendi per l’emancipazione femminile; poca autonomia, vestiti costretti e corsetti che chiudevano il respiro e la vitalità.

Se prima dell’arrivo dei Kurgan in Europa la donna era proprietaria terriera ed amministrava i propri averi, nei secoli bui la donna diventa solo addetta al focolare e alle attività domestiche, educata solo per ciò che serve ad allietare il maschile e ad accudire casa (un po’ come nell’America degli anni ’50 insomma). Gli anni ’80 hanno emancipato il femminile ma per imitazione maschile, bene ma non benissimo… 

Ancora oggi la donna non pensa alla sua autonomia come principio di base, ma mette davanti a tutto famiglia, amori, figli, ecc. e, nel tempo che rimane (cioè poco), pensa alla sua indipendenza economica e alla realizzazione. Spesso la donna ha meno disponibilità economica del compagno e meno tempo per crearne. 

L’ideale di donna magra, elegante e non volgare, incapace di fare cose maschili e dipendente dall’uomo è rimasta nell’ideale occidentale dal ‘700 ad oggi; questo non solo ci rende tutte schiave di modelli estetici spesso irraggiungibili, ma anche di modelli di mortificazione economica e di non realizzazione professionale. 

Vogliamo davvero continuare a nutrire questi modelli?

Vogliamo conformarci a regole imposte da uomini circa 300 anni fa?

La responsabilità dell’industria della moda:

Per continuare a vendere si dovevano pur inventare qualcosa? E così diminuiscono costantemente le taglie; risultato oggi se vuoi entrare in una 42 devi avere 13 anni ed essere magrissima. Questa è una modalità che non solo incentiva i disturbi alimentari in età sempre più precoce, ma incentiva anche una sottile pedofilia.

Se le donne vanno di moda sempre più esili, emaciate, depilate, con poche forme e giovani va da sé che si incentiva la popolazione a gradire modelli non adulti ma adolescenziali di bellezza.  Questo è un incentivo legale alla pedofilia di cui accuso l’industria della moda, senza se e senza ma.

Fare pace con le differenze:

“Diverso non è bello; è pericoloso”. Da molto tempo l’idea che diverso sia non buono o pericoloso permea la cultura occidentale; se sei conforme vai bene altrimenti… hai qualcosa che non va… magari non si vede ma c’è! 

Si incentiva la popolazione a rifiutare, emarginare, deridere, svergognare, umiliare tutto ciò che è diverso dalla massa, e aggiungo dalla banalità!

Non abbiamo ancora capito che non siamo uguali dentro e non lo siamo fuori. Siamo fatti in modo diverso e questo è una ricchezza non una condanna. Se si facesse pace con la diversità, in ogni forma, si potrebbe tranquillamente accettare forme di corpo diverse e pensieri diversi, senza sentirsi minacciati o messi in discussione. I corpi sono fatti diversamente e hanno un diverso fabbisogno energetico, una diversa emozionalità, per questo anche le calorie si bruciano in modo diverso. Se cominciamo a capire che diverso è bello, cominciamo anche a smetterla di volere tutte le donne fatte con lo stampino.

Tutti i falsi miti e credenze che abbiamo in testa:

Nel libro “Body Respect” L. Bacon e L. Aphramor raccontano come ci siano molti falsi miti collegati all’aspetto fisico. 

Ve ne cito alcuni:

  • Se sei grasso vivi meno
  • BMI è un valore accurato
  • I grassi sono più soggetti a malattie
  • Fare fatica e privarsi del cibo sono tecniche efficaci per perdere peso
  • I bambini sovrappeso diventano adulti obesi o diabetici
  • Se hai un corpo grasso sei fallito/a e poco attraente

Ognuna di queste affermazioni è falsa!

Quando la World Health Organization ha definito gli standard BMI si è appoggiata alla IOTF (obesity task force) per sostenere il progetto. I fondatori della IOTF erano le più grandi case farmaceutiche nel mercato allora, le uniche con le medicine in commercio per la perdita del peso, in altre parole gli attuali BMI sono stati creati da case farmaceutiche che avevano tutti gli interessi a delfine grasso un corpo normopeso. Oggi ne paghiamo le conseguenze!

Da uno studio americano è stato dimostrato che sentirsi “grassi” ed essere insoddisfatti del proprio corpo, ha un effetto negativo sulla salute più grave di quello di essere davvero grassi. Pensare di essere grassi incide in modo gravoso sulla nostra salute fisica e psichica.

L’umano tende a prendere la scienza come esatta perché si allinea ad un generico “senso comune” anche chi la pensa diversamente o si sente diverso, o sente che il suo peso sarebbe diverso da quello suggerito dalla scienza, tende comunque ad uniformarsi per non sentirsi censurato o escluso.

Da tempo in USA è nato un movimento a noi ancora sconosciuto HAES (Health At Every Size) ovvero puntare al corpo sano indipendentemente dal peso corporeo. Cominciare a non patologizzare l’obesità, smettere di schernire o umiliare le persone in sovrappeso, smettere di usare il body shaming per svergognare chi ha un soprappeso o semplicemente non è conforme alla maggioranza può davvero fare la differenza nel mondo. Potrebbe, già da solo, cancellare l’obesità e rendere le persone più incluse e contente di preferire uno stile di vita sano.

STOP DIETE MA RISPETTARE ED AMARE IL NOSTRO CORPO.

Detto questo vorrei aggiungere però che, per comprendere davvero cosa c’è dietro il cibo che ingeriamo, io ho recentemente svolto un esperimento molto interessante di cui vorrei parlarvi.

Da due settimane ho tolto alcuni alimenti che molti definirebbero “comfort food” (nel mio caso zuccheri e carboidrati). Quello che ho notato è che, pur sentendomi bene, non avendo fame e perdendo 2,5 kg, ho avuto desiderio di “fame” e brama di quegli alimenti specifici almeno 4 volte. Tutte e 4 le volte che ho sentito questo impulso era in corrispondenza di alcuni momenti della giornata in cui ho sentito particolare tristezza o solitudine. Per come mi pongo nella vita il mio è sempre un andare dentro me stessa. Mi sono interrogata e ho capito che non si può dimagrire, o avere uno stile di vita sano, se prima non capiamo DA COSA STIAMO DIMAGRENDO e da cosa ci stiamo disintossicando. 

Cosa copriamo e non vogliamo sentire con il cibo, le bevande, il fumo, ecc..?

Il nostro sentire, che anestetizziamo e che copriamo con il cibo è principalmente legato a:

☑️tristezza o dolore forte, associate spesso ad un senso di solitudine o disperazione;

☑️rabbia;

☑️senso di inadeguatezza;

☑️senso di impotenza.

Ogni volta che sentiamo queste sensazioni ma non vogliamo sentirle, ci disconnettiamo mangiando, bevendo, guardando il cellulare, ecc.

L’ascolto delle emozioni e delle sensazioni (in particolare se fatto in studio con un professionista che aiuta a stare con…) può fare tanto anche per un corpo sano e in forma.

Condivido questa mia esperienza non per dirvi che dovete fare lo stesso e dovete dimagrire, ma per portare la vostra attenzione invece che sul peso in eccesso, sul vostro sentire.

Fermatevi e chiedetevi quale cibo voglio e mi farebbe bene ora?

Perché ho voglia di questo specifico cibo?

Cosa voglio sedare, coprire e non sentire?

Nessuna dieta, o stile sano di vita, serve se prima non capiamo quali emozioni ci fanno paura e tentiamo di evitare mangiando (o non mangiando).

Nessun lavoro di self-compassion serve se prima non sentiamo da cosa ci stiamo nascondendo e cosa ci fa sentire meno degne.

Una volta che siamo andate in profondità con noi stesse mangiare o non mangiare diventerà molto più “accessorio”, o meglio daremo al cibo un’importanza più misurata, toglieremo al cibo tutto quello che cibo non è:

  • frustrazione
  • bisogno di nutrimento profondo
  • coccolina
  • premietto
  • ecc…

del cibo resterà l’essenza pura. Non siamo cani e non funzioniamo a premietti, ma siamo esseri umani complessi che hanno bisogno di sentire che le emozioni che provano sono giuste e sono viste. Fatto questo lavoro non saremo più manipolabili, ci sentiremo bene nel nostro corpo, perché avremmo affrontato tutte le cose scomode dentro di noi.

Spero di avervi aiutato con questo articolo.

Buon cibo! Scegliete gli alimenti con gioia, ringraziando per ciò che mangiate, cucinate con il sorriso e quello che ingerite vi guarirà!

Bibliografia:

The body is not an apology – Sonya Renee Taylor

L’atlante delle donne– Joni Seager

Dimagrire non basta– Debora Conti

Body Respect – Linda Bacon and Lucy Aphramor

Il mito della bellezza– Naomi Wolf

Il mito della perfezione– Elena Riva

Down Girl, the logic of Misoginy– Kate Manne