Chi passa dalla malattia spesso si fa queste domande:
- Perché a me?
- Perché adesso?
- Dove ho sbagliato?
- Cosa posso fare per guarire?
- Cosa devo capire dalla malattia?
Questo interrogarsi mi fa pensare che i tempi sono cambiati; che le persone sono più consapevoli che per guarire serve un cambiamento, una comprensione o un fare le cose in modo diverso. Se da un lato questo movimento dell’umanità verso l’auto esplorazione mi porta gioia, dall’altro mi atterrisce ogni dogma che vuole subito dare un’etichetta alla malattia e interpretarla usando nuovamente uno schema, una regola uguale per tutti, un modo nuovo per restringere l’umano. Nel mio personale percorso di vita sono stati pochissimi quelli che hanno rifiutato di etichettarmi o parzializzarmi; a loro sono infinitamente grata.
Vi dico subito che non so perché ci si ammala, in questo articolo non troverete soluzioni di nessun tipo; non c’è nessuna regola veramente adatta a ogni individuo che è, per sé stesso, unico e con una storia personale complessa. Ogni teoria che parzializza non ci dona la visione totale del perché ci ammaliamo; interrogativo che ha sempre una ragione nascosta nella nostra Anima.
Per sollevarvi ulteriormente voglio sottolineare che ho visto vegani convinti, gente in percorsi evolutivi infiniti, persone senza un minimo lavoro su di sé, vaccinati e non, sportivi attenti e ed ex galeotti-tossicodipendenti, giovani e vecchi, ammalarsi nello stesso identico modo. Ho incontrato persone guarire da sentenze di morte che mai si sono fatte la domanda: cosa devo capire? Sono guarite senza interrogarsi, mangiando lasagne, senza cambiare alimentazione ma, evidentemente, cambiando radicalmente internamente. Ricordo una donna; mi disse: “Dovevo morire quattro anni fa, eppure sono qui”, il suo obiettivo era vedere la nipotina nascere, poi di vederla andare alle elementari, è così via…lei vive; vive oltre ogni sentenza nefasta.
La malattia è un meraviglioso bagno di umiltà che cancella tutto quello che pensavate fosse verità e lo rimpiazza con imperfetta fatalità e totale incertezza, sembra folle ma è pura grazia!
Quello che ho notato, e che reputo il più grande insegnamento di sempre, è che molte persone durante il percorso hanno sentito esattamente cosa dovessero cambiare per stare bene. Ogni persona, in viaggio dentro la malattia, a un certo punto comprende il suo perché. A volte è una intuizione, altre è qualcosa di più preciso, in alcuni casi è vago da spiegare ma ben chiaro nel loro corpo e nell’anima. Alcuni guariscono, altri no, ma anche il fatto che se si capisce il “perché”, allora si vive e si guarisce, è un mito che andrebbe sfatato! Sono piuttosto stanca di vedere additato un malato con un: “Avrà fatto qualcosa che non va” o “Non ha fatto un buon lavoro su di sé” o “Vedi che qualcosa che non va ce l’ha altrimenti mica si ammalava”, per chi muore poi … lasciamo stare quello che viene detto…
La vergogna che oggi viene gettata sui malati, in particolare oncologici, e l’onta che le teorie di ogni tipo gettano su chi non sta bene è qualcosa che disdegno e che mi fa rabbrividire. Se pensiamo che sempre più aumentano, anche in giovane età, malati oncologici e affetti da malattie auto-immuni, credo che sia davvero necessario un modo nuovo di guardare chi si ammala e una via “non patologica” per accompagnare chi sta male! (Non mi riferisco solo alla classe medica, anzi, idem nel mondo olistico).
Per mia esperienza esiste una sola via per comprendere il perché succede una cosa: la “rivelazione diretta”; solo la persona stessa ha in mano la possibilità di comprendere il suo perché che, a parità di malattia, sarà diverso per ognuno.
Lavorando con diversi pazienti oncologici, e avendo incontrati moltissimi nel mio personale percorso, vi posso dire che la rivelazione diretta è l’informazione più preziosa di tutte perché non viene da un guru (che personalmente considero un po’ sorpassati), da una teoria, da informazioni di seconda mano in genere. Cominciamo a capire che le risposte che cerchiamo sono in noi, il nostro compito è certamente quello di scavare a fondo, di interrogarsi, di aprirsi al cambiamento e alla gioia di vivere e di abbracciare la bellezza dell’esistenza in ogni sua forma (esperienza di malattia inclusa).
Provate a farvi queste domande invece:
- Quando mi sono disconnesso/a dalla voglia di vivere?
- Quando ho dimenticato/a di stare nella gioia e perché l’ho fatto?
- Per cosa voglio vivere e cosa mi dona gioia?
- Cosa non mi sono perdonato/a?
- Quale parte di me ha bisogno di essere vista?
Un mio cliente i giorni scorsi mi ha riferito di aver letto i quattro quesiti che uno sciamano fece a un malato: Quando hai smesso di cantare? Quando hai smesso di ballare? Quando hai smesso di essere incantato dalle storie? Quando hai smesso di trovare conforto nel territorio del silenzio?
Io aggiungo che, a volte, la malattia arriva come iniziazione; ci sono vite per cui senza la malattia non arriverebbero alcune comprensioni importanti che permettono il compimento del mandato celeste. La malattia in quei casi è un veicolo, un’auto che permette a tutto di compiersi in modo preciso e veloce. La malattia non è una maledizione ma un aiuto, che arriva per permetterci quell’esperienza! La vita non vi odia, non preoccupatevi, siete amati!
Oggi, dopo un paio di anni, ho cominciato a pensarla come il chirurgo che mi ha operato e che stimo molto; mi dice spesso che non ci sono regole, che la malattia colpisce in modi impensabili e che bisogna amare la vita ed essere un po’ fatalisti.
Un grazie da parte mia a chi, VIP e sconosciuti, donne e uomini, vivi e morti, ha contribuito a cambiare la narrativa di malattia condividendo sui social, normalizzando, mostrando la vita e la passione che c’è insieme alla malattia. Nulla è separato! C’è la malattia ma c’è la vita, ci sono cure e calvizie ma c’è la sensualità e la sessualità, ci sono le mutilazioni ma anche la bellezza di ciò che rimane, la fatica delle terapie e la passione di continuare a fare ciò che amiamo, c’è dolore ma anche tantissime risate e gioia.
Il mio suggerimento è sicuramente quello di mangiare sano, non necessariamente vegano ma molto sano, evitare certamente alcol (so che è sociale ma va fatto), non fumare, avere un buon rapporto con le emozioni e, soprattutto, muoversi; nella vita, con il corpo, con l’Anima.
Portatevi in giro e vivete, realizzate i vostri sogni, non rinunciate all’amore, non rinunciate alla bellezza, desiderate la vostra realizzazione come umani e perdonatevi gli errori commessi. Cominciate ad amarvi di più; altrimenti cosa rimanete qui a fare?
Con affetto e comprensione profonda.
B